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Spicchi di Realtà

 

 

Sogni

 

“Cosa sono i sogni?”, chiese d’un tratto Sara.

Paolo non si voltò a guardarla. Stava fissando un punto lontano, oltre il profilo dei monti nettamente visibili nell’aria tersa. Erano seduti su una roccia, posta in uno dei punti più alti di quella zona montana. Erano arrivati lì dopo una lunga e faticosa passeggiata in salita, seguendo un sentiero impervio. Ora si stavano riposando, prima di intraprendere la discesa verso valle.

Il cielo era blu e il sole, poco filtrato dall’aria rarefatta di quell’altitudine, era molto forte e caldo. Scottava. Era il primo pomeriggio di un giorno d’estate. Avevano appena terminato di consumare una colazione al sacco fatta di panini e succhi di frutta..

Sara guardò Paolo sotto la visiera del cappellino indossato da entrambi per proteggersi dai raggi solari. Attendeva una risposta, un commento. Anche una banalità qualsiasi da opporre alla sua domanda. Gli occhi ancora fissi nel vuoto, Paolo parlò:

“I sogni sono il nutrimento dell’anima. Sono la linfa che tiene in vita il cuore quando tutto dentro di te è solo morte.”

Sara fu colpita dalla serietà di quell’affermazione.

“Ma allora si può vivere di sogni”, replicò.

Paolo scrollò le spalle e la guardò negli occhi.

“Dipende”, disse mentre tornava a fissare i monti in lontananza.

“C’è chi si accontenta di sognare sogni fini a se stessi, costruendosi immagini, colori, emozioni, sensazioni. E quando, dopo questi voli, torna infine a terra subisce il cupo grigiore della realtà in modo totalmente passivo. Magari restando in attesa di un evento qualunque che possa versare un po’ di colore sul suo mondo. E nel frattempo rimane ad aspettare un nuovo momento in cui far galoppare la fantasia.”

Paolo fece una lunga pausa. Poi riprese:

“Ma questa è una fuga dalla realtà, è la ricerca di un rifugio da una vita insipida, totalmente insoddisfacente, non più tollerabile. Questo è sognare per fuggire.”

Tacque ancora alcuni istanti, riflettendo.

Anche Sara ora fissava un punto oltre l’orizzonte. I loro occhi si incrociarono là, ma senza vedersi. Come due rette parallele si incontrano all’infinito senza tuttavia toccarsi mai.

“E poi c’è chi sogna cercando di vivere i propri desideri”, disse ancora Paolo.

“Per questi individui il ritorno al grigiore della quotidianità, della realtà è uno sprone in più per tentare di modificare la realtà stessa e renderla il più possibile uguale al proprio ideale. Questo è sognare di fuggire”, concluse.

Sara cercò gli occhi di Paolo non più all’infinito, dove non avrebbe potuto incontrarli. E li trovò lì, nel volto dell’uomo seduto al suo fianco.

“Non avevo mai riflettuto su questa differenza”, disse poi.

“Tu a quale tipo di sognatore appartieni?”, gli domandò dopo alcuni istanti.

“Al secondo”, rispose Paolo senza la minima esitazione.

“Io non voglio scappare dalla realtà, ci sono troppo attaccato. E quindi non fuggo. Semplicemente a volte mi prendo una pausa, chiudo gli occhi mentre ascolto la musica. E sogno. Sogno la realtà che desidero per me, sogno il mondo che voglio costruire attorno a me. E quando apro gli occhi, quando la musica è finita, ho ritrovato le energie per interagire con tutti gli spigoli da smussare, ho ritrovato la forza per muovere le cose.”

Paolo tacque. Ora guardava Sara intensamente, gli occhi che brillavano sotto l’ombra della visiera del berrettino da baseball. In quello sguardo era scritto uno dei suoi tanti sogni. Voleva Sara come compagna per la vita. Voleva Sara nel suo mondo. Ma c’era anche tristezza, c’era anche un’ombra. Perché aveva capito da tempo che lei, invece, apparteneva alla prima categoria. Lei sognava per fuggire. Le sue illusioni erano la sua droga, il suo modo di tirare avanti. I suoi sogni non sarebbero mai stati delusi, perché non avrebbe mai mosso un dito per tentare di renderli reali.

Paolo invece era rimasto spesso avvilito in passato, dopo aver inseguito un desiderio mai raggiunto. E in futuro avrebbe certamente vissuto altri disincanti. Come il suo amore per Sara, un sogno che mai avrebbe realizzato.

Tra loro c’era questa apparentemente insignificante differenza a dividerli. Ma nella sostanza esisteva un baratro. Un vuoto incolmabile.

A tutto questo pensava Paolo mentre Sara tornava a guardare l’infinito. Poi anche lui fissò quel punto lontano, situato da qualche parte oltre il profilo dei monti.

Ma i loro occhi, come le due rette, pur incontrandosi laggiù non si sarebbero toccati.

Mai.