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Spicchi di Realtà

 

 

La Separazione

 

“Tieni la casa. Facciamo a metà del denaro sul conto corrente e di quello investito in obbligazioni”, disse lui una sera rincasando dal lavoro.

Non si era tolto nemmeno il cappotto.

Lei lo osservava con sguardo sbigottito. Gli occhi smarriti in una selva di pensieri intrecciati ed aggrovigliati come i rami di un fitto bosco dal quale non sarebbe mai più emersa.

La sorpresa era tale che non le fu possibile nemmeno trovare le parole per replicare. O le lacrime per piangere.

“Questa notte non dormirò qui”, proseguì lui implacabile.

“Sono solamente passato a prendere le cose utili per i primi giorni fuori da casa”, concluse dirigendosi verso l’armadio nella stanza da letto.

Mentre lui riempiva una borsa con della biancheria lei lo guardava, incredula di riuscire ad avere la forza di stare ancora in piedi. Forse non si rendeva pienamente conto di quanto stava accadendo. Non capiva che quanto avevano costruito in dieci anni di matrimonio ora stava cadendo a pezzi.

Nello spazio di pochi attimi.

“C’è un’altra donna?”, chiese lei trovando infine il coraggio di articolare le parole.

Ovviamente sapeva la risposta, ma voleva sentirla dalle labbra di lui. Come se il suono di quelle parole avesse potuto cambiare qualcosa, modificare la realtà.

Lui arrestò per un breve istante i propri movimenti. Forse anche il suo cuore mancò un battito.

“Sì, c’è un’altra”, rispose in un sussurro mentre riprendeva a riempire il borsone.

Lei si lasciò cadere seduta sul letto e si premette le mani sul volto, cercando di impedire alle lacrime di sgorgare dai suoi occhi. L’inutile tentativo di costruire una diga per contenere la piena di dolore.

“Perché?”, chiese semplicemente.

Lui si voltò a guardarla, infine. Un accenno di dolcezza nei tratti duri del viso.

“Non lo so”, disse allargando le braccia.

“Davvero, non lo so. È successo. Non sarebbe dovuto accadere, ma è accaduto”, concluse.

Lei cominciò a piangere, il corpo squassato dalla violenza dei singhiozzi. Non avrebbe capito, non avrebbe capito mai cos’era capitato loro.

“Forse siamo cresciuti in modo diverso, tu ed io. Forse i nostri cuori hanno cominciato a seguire due traiettorie leggermente divergenti, anziché proseguire perfettamente paralleli come le rotaie di un treno. Non ce ne siamo mai resi conto, ma ogni giorno eravamo più distanti del giorno prima. E oggi lo scarto è talmente grande che nessun convoglio può viaggiare più su quel binario”, disse ancora lui.

Lei continuava a piangere, incapace di controllare il tremito che si era impadronito del suo corpo.

Lui girò attorno al letto e la raggiunse, inginocchiandosi di fronte a lei. Cercò di abbracciarla, ma lei lo respinse con violenza. Lui chinò il capo e restò lì, incapace di muoversi. Profondamente ferito per aver colpito tanto duramente la donna con la quale aveva vissuto per anni.

Che aveva amato per anni.

Pensava che sarebbe stato più semplice. Credeva che anche lei percepisse il medesimo disagio sentito da lui e questa supposizione lo aveva confortato nel momento in cui aveva preso la decisione di andarsene. Ma ora…

Pensò alla donna per la quale stava lasciando la moglie. Erano così diverse, loro due. Diverse eppure per certi aspetti così simili. Perché entrambe si erano innamorate di lui, del suo profondo attaccamento alla vita, del suo radicato desiderio di emozioni, sensazioni. Della sua voglia di sognare, nonostante tutto.

Ma erano diverse.

Sua moglie si era ormai chiusa in se stessa, nonostante fosse ancora giovane. Non trovava più entusiasmo per le cose della vita. Nessun desiderio da inseguire. Nessun sogno da sognare.

La sua amante invece era solare, un vortice di energia racchiuso dentro il cuore. Si erano conosciuti per caso e per caso avevano scoperto di voler rinascere, di ricominciare.

Sospirò, mentre levava il viso verso la donna ancora in lacrime di fronte a lui.

Il volto di lei era stravolto, straziato da un dolore indicibile. Come mai ne aveva provati nella vita.

“Forse è solo un capriccio”, disse lei tra le lacrime, la voce spezzata dal pianto.

“Magari ti stancherai presto di lei”, ipotizzò con la speranza nel cuore.

Come se lui mai avesse pensato a questa eventualità. Ma non era così. Aveva riflettuto a lungo.

E aveva concluso che forse questa nuova donna era semplicemente stata la scusa per fare quanto il suo inconscio probabilmente desiderava da tempo: tornare a vivere senza sentirsi soffocato. E non se ne era andato prima semplicemente perché non avrebbe avuto senso infliggere alla sua compagna un dolore inutile. Prima di imbattersi nella sua amante sarebbe potuto continuare a vivere al fianco della moglie con indifferenza, pur con l’elettrocardiogramma dei sentimenti ormai piatto.

Scosse la testa mestamente. E fu come se avesse soffiato sulla candela dell’ultima flebile speranza nel cuore di sua moglie. Avrebbe potuto tentare di spiegarle cosa sentiva. Ma sarebbe stato inutile. Lei non avrebbe capito.

Una nuova ondata di angoscia si impadronì di lei, straziandole i tratti del viso. Una fitta di dolore tagliente, una di quelle che prendono da dentro diffondendosi in ogni atomo del corpo, squarciando ogni fibra dell’essere, tagliando il respiro come una secchiata di acqua gelida. Una sofferenza tale da far desiderare la morte.

Unica e vera consolatrice.

Unica e vera portatrice di pace.

Dopo lungo tempo le lacrime sciolsero il groppo in gola e, come gocce di un potente analgesico, attenuarono il dolore. I singhiozzi si fecero più rari, il volto si distese un poco.

Ma gli occhi conservarono intatto il desiderio di morire.

Rimase lì, sdraiata in posizione fetale sul letto dove innumerevoli volte avevano fatto l’amore. Dove infinite notti avevano dormito vicini, stretti l’uno nelle braccia dell’altra.

Tutto intorno a lei era confuso e indistinto. La solida realtà appariva come un incubo dal quale, unica differenza dal sogno, non si sarebbe destata mai.

Non lo sentì, mentre lui varcava per l’ultima volta la soglia di casa.

Mentre partiva per un viaggio questa volta senza ritorno.