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Frosty

 

Guardo la neve mentre cade giù dal cielo bianco come il paesaggio qui intorno.

Mi fanno compagnia alcuni alberi spogli che il vento gelido fa tremare di freddo. La stessa brezza suona la musica sopra cui i fiocchi stanno ora danzando, leggiadri e delicati, prima di posare il loro silenzio d’ovatta su tutte le cose.

È inverno.

Ed io vivo proprio perché è inverno.

Sono stato plasmato dalle mani chiassose e giocose di un bambino.

A sua immagine e somiglianza, si potrebbe dire.

Ma forse nemmeno poi tanto.

Uno sferoide al posto della testa e una sottospecie di cilindro irregolare posato sul terreno a costituire il torace e le gambe. Immobili in quanto corpo unico e solidale con il mio tronco.

Il mio naso è una carota ormai surgelata.

I miei occhi, bottoni di un vecchio cappotto.

La mia bocca, un taglio storto inciso dal dito del mio creatore nella neve compattata.

Sono un pupazzo di neve, gente.

Sono la parodia di un uomo.

Ma al posto del cuore non ho un blocco di ghiaccio.

Nelle mie vene non scorre solo acqua distillata. Insapore.

Sono un pagliaccio, è vero.

Ma un pagliaccio che non fa ridere.

Per niente.

La caricatura di un uomo, a propria volta parodia di un Dio che tira i fili del mondo.

Anche io non ho scelto di nascere.

Anche io sono stato creato per gioco, per riempire la vuota giornata di un bambino capriccioso.

Anche io non ho scelto di vivere nella piccola radura di questo bosco, costretto a guardare la vita passarmi accanto senza fermarsi mai.

Un giorno morirò. E anche questo non fa ridere.

Un giorno, quando il sole riuscirà a bucare il velo di nuvole più a lungo che in queste giornate d’inverno.

Un giorno, quando qualche rondine timidamente inizierà a volteggiare e garrire in un cielo già un po’ più blu.

Un giorno, quando qualche germoglio comincerà a spuntare sui rami di alberi solo in apparenza morti.

Un giorno, quando le prime foglie daranno inizio alla vestizione di braccia scheletriche.

Quel giorno, quel momento in cui il tepore desterà la vita e tutto tornerà a fiorire, io morirò.

Mi scioglierò, immobile ed immoto, lasciando una pozza di lacrime, breve ricordo di me, che presto evaporerà con il sole ardente di una nuova stagione.