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Spicchi di Realtà

 

 

Follia di Natale

 

Ho fatto una pazzia.

Una vera follia, basata sull’istinto di un istante.

Ho seguito l’impulso.

Inarrestabile.

E temo che il venticinque dicembre ne pagherò le conseguenze.

Già.

Ho comprato un regalo per mia moglie, nata proprio il giorno di Natale.

Per mia moglie, che oltretutto ha nome Stefania e quindi condensa in due giorni tre feste.

Fin qui niente di strano. Tutti i mariti del mondo, immagino, regalano qualcosa alla propria moglie, il giorno di Natale. E al compleanno.

La cosa anomala è che noi, coppia fuori dall’ordinario, in genere non ci scambiamo doni necessariamente in una ricorrenza prefissata. Quando vediamo qualcosa che ci piace la compriamo.

Semplice, addirittura lineare.

E poi devo dire che Stefania non ama le sorprese. E questo fatto la metterà già di malumore quando le presenterò il presente.

Una follia, appunto.

Sono anni che, tra il serio e il faceto, di quando in quando ci fermiamo davanti alle vetrine di qualche negozio di giocattoli. Lei da bambina avrebbe desiderato il mitico Meccano, una di quelle scatole contenenti tutti i pezzi per realizzare i meccanismi più disparati.

Le costruzioni più tecnologiche.

Ma i suoi genitori non avevano mai potuto permetterselo e così gli anni erano trascorsi nell’invidia per il cuginetto, il quale invece possedeva la versione più lussuosa.

Io da piccolo ce l’avevo una scatola di Meccano. Era quella base, quella più semplice. Quella che ti dava il gusto amaro del “vorrei ma non posso”. Ciò nondimeno ricordo che mi ci divertivo.

Ma al giorno d’oggi, dove quasi tutto è elettronica e videogiochi e realtà virtuale, il Meccano è difficile da trovare. La solida realtà di pezzi di ferro è meno reale della realtà virtuale.

Un’altra follia.

Per questo le nostre in verità mai troppo approfondite ricerche non hanno mai trovato la loro naturale conclusione nell’acquisto del Meccano.

Tuttavia, in questi giorni che ci stanno portando ad un nuovo Natale, tra le parole dei colleghi, padri di figli e zii di nipoti, emerge che il tal negozio di giocattoli dispone di scatole di Meccano.

Non ho bisogno di pensarci.

L’azione di uscire dall’ufficio e passare dal rivenditore prima di tornare a casa scivola direttamente dal cuore alle membra che guidano l’automobile.

Una follia.

Mi ritrovo così dentro il negozio a chiedere le famose scatole.

“Guardi”, dice la commessa.

“Purtroppo mi sono rimaste solo la versione base e quella lusso. Le scatole intermedie sono esaurite e non arriveranno prima di Natale.”

Dilemma.

O il minimo o il massimo.

Nessun compromesso.

“E su quali cifre siamo?”, domando io.

“Per la base sono 57 Euro, mentre per la lusso sono 275.”

Dubbio amletico.

Nonché economico.

Spendere poco rischiando che il dono non sia apprezzato per la sua incompletezza o spendere una follia per un giocattolo rischiando comunque le ire di una lavoratrice anche troppo consapevole della fatica con cui si guadagna il denaro?

E sì, perché abbiamo il conto corrente in comune e quella cifra, pagata con carta di credito, spiccherebbe, quasi lampeggiante, sul foglio della banca. Non posso sottrarre in poco tempo una somma tanto ingente senza destare sospetti. Come un bambino che ruberebbe la marmellata un poco alla volta.

Se decido per la versione lusso, Stefania lo verrà a sapere, prima o poi.

La commessa nota la mia perplessità.

“Se prende la lusso gliela posso lasciare a 215 Euro”, mi tenta con voce suadente.

Rapido calcolo. È uno sconto del ventidue percento.

Non male.

E poi in quella scatola c’è un motorino elettrico alimentato da celle solari. Un vero spettacolo.

Sono quasi deciso, quando la commessa parla ancora.

“Ma scusi, quanti anni ha il bambino?”, domanda.

Vuole solo aiutarmi a prendere la decisione migliore.

Sorrido.

“È qui il bello. Si tratta di una bambina”, ribatto continuando a sorridere.

La commessa sbianca, quasi. La mandibola le casca fino pressoché a toccare il ripiano di vetro sotto il quale brillano penne e matite colorate.

Sono sicuro che nemmeno il suo dentista riesce a farla smascellare in questo modo nel tentativo di aprirsi una strada più agevole per otturarle una carie.

“Ma… Ma…”, balbetta.

“Lei è sicuro che una bambina possa apprezzare un dono del genere? Forse una bambola…”

Ormai sto quasi ridendo.

“No, no, apprezzerà. Apprezzerà. È una bimba di trentacinque anni”, dico.

La ragazza è ormai alle lacrime dalla costernazione. In tutta la sua vita dentro quel negozio non le deve essere mai capitato di vedere un uomo, supposto adulto, maturo e certamente vaccinato, comprare un giocattolo del genere per una donna. Al limite avrà visto qualche ragazzo imbarazzato dalla scelta di un peluche per la lei di turno.

Mi godo ancora per qualche attimo lo stato di panico della commessa. Poi chiarisco.

“Sarebbe per mia moglie. Vede, è un ingegnere meccanico che non ha mai giocato con il Meccano.”

“Capisco”, dice.

Ma sono io a capire che lei, in realtà, non capisce. Forse condizionata da una mentalità provinciale in cui le donne servono a generare figli. Se hanno un lavoro è per contribuire al sostenimento delle spese familiari. E il massimo cui possono aspirare è di trovare impiego come commesse.

Appunto.

La ragazza mi sta ancora fissando, come se fossi un fantasma oppure un uomo venuto dal futuro. Non so perché ma mi sento in dovere di spiegare.

“Sa, sono anch’io un ingegnere”, dico come se questo fosse sufficiente a sciogliere il nodo che le ingarbuglia i neuroni.

Ma lo sguardo assente incastrato nel viso privo di espressione indica solo che il nodo nella sua testa è sempre più aggrovigliato. Tento di scherzare.

“Qualcuno sostiene che quando litighiamo ci tiriamo in testa gli ingranaggi, anziché i piatti come fanno tutti gli altri.”

Ovviamente lei non afferra la battuta, ma capisce che deve sorridere.

E sorride.

Ci rinuncio. Torno alla motivazione base della mia presenza lì, in quel negozio di giocattoli.

“Ok, vada per la versione lusso”, affermo estraendo la carta di credito.

Un gesto che segnerà indelebilmente l’acquisto effettuato.

215 Euro per un giocattolo.

Mentre esco dal negozio con la pesante scatola avvolta in una robusta carta da regalo e mi dirigo verso la vettura, cerco di prefigurarmi la scena del giorno di Natale: ira funesta per la folle cifra spesa o commosso abbraccio in segno di ringraziamento per il dono?